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5 errori che ho fatto nel mio podcast e di cui oggi mi pento amaramente

5 errori nel podcast

Quali errori ho commesso quando ho realizzato e pubblicato il mio primo podcast? Perché è importante evitarli e quali potrebbero essere irreparabili?

Nel 2017, quando ho creato il mio primo podcast, “Be My Diary“, ho commesso una serie di errori nonostante abbia dedicato ben otto ore alla realizzazione della prima puntata e impiegato ben tre giorni per comprendere come distribuirla e pubblicarla online. 

Allora avevo a disposizione una sola opzione per l’hosting, ovvero Spreaker, e una sola piattaforma di pubblicazione: Apple Podcasts, all’epoca iTunes.

Ora, nel 2023, il panorama del podcasting ha subito profonde trasformazioni, sia dal punto di vista degli ascoltatori che da quello dei creatori e distributori.

Ci sono numerosi servizi di hosting e una vasta gamma di piattaforme di distribuzione. Inoltre, sono stati sviluppati sistemi più avanzati per il tracciamento degli ascolti. 
Nonostante ciò è ancora semplice commettere errori e leggerezze. Di questi ne ho parlato nell’ultima puntata di Branded Podcast Italia.

I 5 principali errori che ho fatto con il primo podcast 

Ecco gli errori a cui non si può rimediare e che ho fatto con il primo podcast! 

1. Scegliere la distribuzione automatica 

Nonostante oggi enfatizzi l’importanza della distribuzione manuale nel mio primo podcast optai per la distribuzione automatica. Distribuire il podcast manualmente è fondamentale ad esempio per:

  • Comprendere i risultati raggiunti in ogni singola piattaforma
  • Analizzare le performance di un singolo episodio 
  • Selezionare 9 categorie invece di 1

All’epoca ho optato per la distribuzione automatica semplicemente perché quella manuale non esisteva, e perché, come detto prima, c’era una sola piattaforma su cui distribuire. 

Quindi, per forza di cose, gli ascolti provenivano o dall’hosting (Spreaker) o dalla piattaforma Apple Podcasts.

Inoltre, nel 2017, chi possedeva un dispositivo Android non poteva ascoltare podcast. Solo chi aveva un iPhone o comunque iOS poteva farlo, il che all’epoca significava precludere l’ascolto dei podcast a ben il 73% degli italiani.

Scegliere la distribuzione automatica è un errore a cui è difficile rimediare.  Una volta effettuata la distribuzione automatica, per non perdere tutta una serie di vantaggi, si dovrebbe richiedere la proprietà del podcast piattaforma per piattaforma ma non è la stessa cosa. 

In ogni caso, non è possibile selezionare le categorie a meno che tu non contatti il supporto. In sintesi, una volta scelta la distribuzione automatica è difficile tornare indietro e beneficiare di tutti i vantaggi garantiti dalla distribuzione manuale. 

2. Non comprendere sin da subito il potenziale di Spotify 

Quando, alla fine del 2018, Spotify annunciò l’integrazione dei podcast sulla piattaforma, il mio podcast “Be My Diary” si trovava in pausa tra la prima e la seconda stagione, una pausa piuttosto lunga. Inizialmente, non colsi appieno l’opportunità di distribuirlo anche su Spotify.

Mi sono detta, quando pubblicherò anche la seconda stagione lo distribuirò anche su Spotify. Questa decisione mi ha fatto perdere un grandissimo vantaggio.

In quel momento, ero completamente concentrata su come rendere possibile e sostenibile la mia carriera da podcast producer. Per me, “Be My Diary” rappresentava un progetto personale, una sorta di portfolio, quindi all’epoca non mi preoccupavo tanto di generare numeri impressionanti. 

Tra l’altro, l’accesso ai dati e alle statistiche era limitato, principalmente ai soli numeri di ascolto. Inizialmente, gli ascolti erano visibili e trasparenti. Successivamente, ci fu un periodo in cui potevi scegliere se rendere visibili o nascondere gli ascolti, ma poi furono nascosti e oggi nessuno, dall’esterno, può sapere con precisione quanti ascolti il podcast ottiene. 

Inoltre, all’epoca, il concetto di “ascolto” era diverso: qualsiasi clic su una piattaforma di distribuzione (Spreaker, iTunes, ecc.) veniva considerato un ascolto. Bastava un semplice clic per ottenere un ascolto. Era quindi facile ottenere ascolti e altrettanto facile manipolarli. 

Solo successivamente, l’IAB ha stabilito che un ascolto viene conteggiato solo dopo un minuto di riproduzione effettiva.

Ricordo che la mia prima puntata aveva ricevuto 92 ascolti e mi aveva portato al primo posto su iTunes. Ero così entusiasta! Ora, quando ci penso, ci rido su. 

In sostanza, chi ha subito pubblicato i proprio podcast su Spotify ha ottenuto un notevole aumento degli ascolti, anche grazie al fatto che per un certo periodo questi venivano calcolati in modo diverso. 

La piattaforma ha rappresentato una vera rivoluzione per il settore, soprattutto perché ha permesso anche agli utenti di smartphone Android di ascoltare i podcast.

3. Non preparare puntate in anticipo 

Il terzo errore commesso è stato quello di non preparare le puntate in anticipo. Le puntate di “Be My Diary” richiedevano un montaggio complesso, impiegavo tra le 8 e le 16 ore per completarle. Ad esempio, perdevo molte ore alla ricerca delle musiche e al loro adattamento al ritmo dell’episodio.

Naturalmente, ci sono persone che lavorano bene sotto pressione e ansia, e io sono una di quelle. Se mi affidano un compito con largo anticipo, lo svolgo comunque il giorno prima, ma questo è il mio modo di lavorare. Tuttavia, è evidente che cercare di concentrare 16 ore di lavoro in una giornata di 24 diventa complicato. 

Posso giustificarmi dicendo che il mio flusso creativo funziona meglio dopo le 22.00. Quindi, dalle 22.00 in poi, fino alle 2-3 di notte, riesco a rendere meglio, soprattutto in termini di generazione di idee.

Tutto ciò, però, non toglie il fatto che, per evitare possibili imprevisti, sarebbe stato preferibile realizzare le puntate in anticipo con sufficiente anticipo.

4. Non dare continuità al progetto Be My Diary

Un errore significativo è stato non dare continuità al progetto Be My Diary, nonostante, abbia avuto un grande e positivo impatto sulla mia carriera, sia professionale che personale. 

È stato come uno tsunami, iniziato con soli 92 ascolti, che ha cambiato la mia vita.  

Quando sei immerso in un progetto, però, può essere difficile comprendere appieno l’entità del suo impatto. 

Ho continuato a seguire il modello in stile “Grey’s Anatomy”, pubblicando 13 episodi all’anno. Ho scelto questo modello seguendo la struttura delle serie TV di successo convinta d’intercettare delle abitudini ormai radicate nel pubblico. 

Ma questo non è il modo migliore di procedere. Nonostante ciò, “Be My Diary” è stato comunque molto efficace nel fidelizzare il pubblico. 

Perché non ho ripreso il podcast? Perché ho avuto paura. Quando hai creato qualcosa così imperfetto ma con un impatto così significativo, hai quasi paura di modificarlo. 

Ho profondo rispetto e venerazione per quel prodotto imperfetto che oggi mi spaventa quasi riprenderlo. 

Inoltre, ho problemi di tempo. Il mio lavoro di produzione di podcast è impegnativo, faccio questo lavoro 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana. Lavoro almeno 6 giorni a settimana, e talvolta anche 7, soprattutto quando dedico 8-9-10 ore al montaggio di “Be My Diary”, che è diventato molto complesso. 

Quindi, da un lato, “Be My Diary” mi ha portato a fare questo lavoro, ma ora fare questo lavoro ha come effetto collaterale il fatto che non ho potuto continuare con “Be My Diary”.

5. Non partire subito con la newsletter 

L’ultimo errore che ho commesso è stato non iniziare immediatamente con una newsletter. L’ho introdotta a partire dalla seconda stagione di “Be My Diary”.

Nonostante sia partita in ritardo, la newsletter si è dimostrata comunque efficace. Per raccogliere lead, ho creato una puntata bonus in cui le persone potevano lasciare la loro email. 

Questa puntata è ancora disponibile online e contiene contenuti extra non disponibili online. 

Nel giro di 2-3 mesi e mezzo, l’episodio extra mi ha permesso di raccogliere oltre 1.000 email. Pensate quanto sarebbe stato efficace se avessi avviato questa newsletter fin dall’inizio…

I 5 errori che ho fatto con il mio primo podcast: riassumendo 

Riassumendo, ecco i cinque errori che ho commesso con la mia prima serie di podcast:

  • Non fare la distribuzione manuale (che all’epoca non era possibile).
  • Ignorare il potenziale di Spotify
  • Non preparare le puntate in anticipo (questo fa parte della mia natura).
  • Non dare continuità al progetto.
  • Non iniziare subito con la newsletter, ovvero creare da subito una community 

Mi piacerebbe conoscere gli errori che avete commesso voi. Scriveteli, se ascoltate Spotify nei messaggi e nei commenti, oppure contattatemi attraverso i moduli sul sito web. Con un po’ fantasia, potete anche inviarmi una mail. Sono inoltre presente su tutti i canali social, soprattutto su Instagram

Per ulteriori approfondimenti, vi consiglio di visitare la sezione dedicata ai webinar, dove troverete una vasta gamma di contenuti gratuiti. Inoltre, vi invito a dare un’occhiata ai miei servizi di consulenza e a esplorare la sezione dedicata ai corsi . Non dimenticate infine di seguirmi sui miei canali social su Facebook e LinkedIn!

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